Fu da giovanissimo, durante gli anni del Conservatorio, che Pietro Clausetti si dedicò al repertorio vocale scrivendo alcuni lavori a cinque voci. L’ombra dei boschi d’Aser e Saltavan ninfe sono entrambi ambientati tra i boschi; nel primo caso l’ombra verdeggiante è il luogo profumato in cui un innamorato attende la sua bella; mentre Saltavan ninfe ci riporta all’atmosfera leggera e fantastica di un mondo animato da creature silvane, con tanto di temi saltellanti e fiabeschi.
L’ambientazione è nel territorio della tribù di Aser (uno dei dodici figli di Giacobbe) indicata nella Bibbia come una delle più fertili e benedette; nel testo, di tradizione popolare, probabilmente già diffuso nel Rinascimento, l’incontro dei due amati è metafora della benedizione divina, suggellata dal profumo dell’incenso, simbolo sacerdotale del sacro. L’incontro degli amati come benedizione divina è una costante della tradizione ebraica e cristiana, tanto che l’Antico testamento contiene un intero libro su questo tema: il Cantico dei Cantici.
Due esperimenti giovanili di Clausetti in cui emergono già evidenti i tratti stilistici di un compositore destinato a lavorare con le immagini: paesaggi viventi, dominati da un contrappunto semplice ed evocativo.
Il giovane Bruno Bettinelli compose “Tre Espressioni Madrigalistiche” per coro misto a cappella nel 1939, basandosi su liriche antiche. Gli autori risultano così indicati: Matteo Maria Boiardo (Già mi trovai di maggio, XV secolo), Leonardo Giustinian (O Jesu dolce, XIV secolo) e L. Guidiccioni (Il bianco e dolce cigno, XVI secolo). L’attribuzione di quest’ultimo testo è dubbia ma pare più probabile sia stato composto da Giovanni Guidiccioni (1500-1541); questi versi furono infatti resi celebri da Jaques Arcadelt già nel 1539 con il suo «Primo libro dei madrigali», quando Laura Guidiccioni (1550-1597) pare non fosse ancora nata. Ognuna delle tre composizioni riprende antiche forme poetico-musicali rispettivamente, la Canzonetta, la Lauda, il Madrigale. In queste composizioni il giovane Bettinelli si inserisce pienamente nella tendenza musicale, italiana ed europea, che vede in quegli anni la riscoperta delle antiche forme della musica vocale a cappella. In queste tre brevi composizioni, Bettinelli, in uno stile che potremmo definire neomodale, alterna diatonismo e cromatismo, come colori armonici usati in senso espressivo, e ricorre frequentemente al madrigalismo, senza mai dimenticarsi della tecnica e del rigore stilistico-formale, come egli stesso afferma in una tarda intervista: «un continuo variare degli elementi proposti all’inizio e, successivamente, scomposti, rielaborati per germinazione spontanea, rovesciati, riesposti nelle figurazioni cellulari più svariate, derivate dalla speculazione contrappuntistica dei fiamminghi».
Sergio Sentinelli, formatosi a Roma come compositore a direttore i coro, è l’autore di Riuscirà la nostra voce, una sorta di moderno mottetto omoritmico, su una lirica di grande intensità, tratta dalla raccolta “Bambole mute” (1999) di Antonella Mei. Nella parte originale è assente qualunque indicazione dinamica o agogica, il tempo musicale fluisce come in una declamazione; del tutto assente l’imitazione tra le parti e “piana” la melodia, ad eccezione di un breve slancio del soprano primo. Nondimeno l’intensità del brano emerge immediata, espressa con altri mezzi. Sentinelli dipinge le frasi e le parole del testo con cangianti velature armoniche, ora con scurimenti al grave, ora con addensamenti interni, ora, in una sola occasione, con un lucente slancio del soprano all’acuto (finché le notti d’estate continueranno a udire il canto). Il finale è un atipico «da capo», essenzialmente una ripresa delle armonie e della scansione ritmica iniziali, che sigilla il brano in una sensazione di circolarità, quasi a voler collocare il testo, ansimante ed inquieto nel suo lacerante interrogativo, in una dimensione onirica, ove ogni realizzazione appaia possibile, piuttosto che in una dimensione storica inevitabilmente condannata al realismo.
L’Ensemble del Giglio ha eseguito questo brano in Prima assoluta nel gennaio 2012; lo stesso brano è stato selezionato da Gary Graden per il festival internazionale «Europa Cantat», quest’anno tenuto a Torino, quale rappresentante del fiorire in Italia di un «Rinascimento della composizione corale, con echi ed esecuzioni in tutto il mondo».
Livio Cavallo