Stefano Pellegrino, al violoncello, conduce analogo percorso dal Classico al Neoclassico «avanzato».
La suite nel periodo barocco indica una forma di composizione intesa per l’ascolto (diremmo oggi, da concerto); costituisce un insieme di danze, unificate solitamente dalla medesima tonalità ed introdotte da un preludio. Bach ne compose sei; non ce n’è pervenuto il manoscritto, ma generalmente si ritiene che fossero intese per l’esecuzione con il violoncello (eccetto la sesta suite, scritta per uno strumento a cinque corde, probabilmente il violoncello piccolo).
Le suite per violoncello di J. S. Bach costituiscono una vera e propria sfida per ogni virtuoso del violoncello, irte come sono di responsabilità, scelte interpretative, difficoltà tecniche. La Suite n.5 presenta la particolarità (un unicum in Bach) di essere scritta in scordatura, ovvero con la corda più acuta dello strumento abbassata di un tono rispetto all’accordatura usuale, per conferire un timbro più scuro alla composizione.
Sulle stesse premesse bachiane di cantabilità e chiarezza della resa architettonica, si sviluppa la Sonata di Hindemith, compositore che, rifiutando l’enfasi sentimentale ottocentesca, si è di riflesso accostato, sia pure per via indiretta, alla razionalità della costruzione armonica e architettonica della musica barocca. Certo, la teatralità grottesca di Hindemith è figlia di una pratica dello straniamento tutta novecentesca. La Sonata è indicata n°3 perché l’Op.25 è un ciclo di tre pezzi tematicamente connessi: il n°1 è Sonata per Viola, il n°2 è Sonata per Viola d’Amore e Piano ed il n° 3 è la presente Sonata per Violoncello Solo.