Classico & Neoclassico - Associazione Sicut Lilium

Lunedì 20 luglio 2015
ore 21.00
Pamparato (CN), oratorio di S. Antonio

Ensemble del Giglio (Cherasco, 2013.10.19) e Stefano Pellegrino

Un gioco di rimandi musicali a distanza di oltre tre secoli, dal Rinascimento al Neoclassicismo

gruppo vocale "Ensemble del Giglio"
violoncello, Stefano Pellegrino

Concerto inserito nel 48° Festival dei Saraceni di Pamparato (CN).

Musica lieta e testi poetici di autori antichi sono dapprima proposti nella versione di musicisti del tardo '500 e poi nella versione di compositori del '900. Il periodo "classico" della voce accanto al neoclassicismo europeo.
Un parallelo affidato alle voci dell' "Ensemble del Giglio" ed al violoncello di Stefano Pellegrino che proporrà un accostamento tra J.S. Bach e P. Hindemith.

 


Programma

 

Orlando di Lasso (1530-1594), Poiché ‘l mio largo pianto, lauda (1600)

Marc’Antonio Pordenon (XVI sec.), Già mi trovai di maggio, canzonetta

G. P. da Palestrina (1525-1594), O Jesu dolce, madrigale spirituale (1581)

Orazio Vecchi (1550-1605), Il bianco e dolce cigno, da “Madrigali a Cinque Voci”, Libro Primo (1589)

Orazio Vecchi (1550-1605), Saltavan ninfe, da “Sei Canzonette” (1587)

Incerto (sec. XVI), I’ piansi un tempo, lauda

 

Johann Sebastian Bach (1685-1750), Suite per Violoncello Solo n°5 (ca. 1720)

Paul Hindemith (1895-1963), Sonata per Violoncello Solo Op.25 n.3 (1923)

 

Bruno Bettinelli (1913-2004), Tre espressioni madrigalistiche (1939)

Pietro Clausetti (1904-1963), Due canti a 5 voci, su testi di tradizione popolare (1921)


Il Neoclassicismo ha un’importanza talvolta sottovalutata.

Il Novecento tutto è attraversato dallo sperimentalismo, dall’avanguardia, con esiti spesso, ed inevitabilmente, distanti dal pubblico; nel Novecento, ma già in pieno Romanticismo, si pensi ad esempio a Liszt, il superamento delle forme classiche è mezzo importante per emancipare la soggettività creatrice dell’artista e dell’interprete; egli è depositario di una sensibilità unica, che non può, per sua natura, trovare un inquadramento canonico, ma deve poter fluire libera, come forza creatrice.

Durante tutto il Novecento ci sono state correnti estetiche desiderose, al contrario, di forme classiche, le uniche che potessero ambire ad un “bello oggettivo”, un’armonia condivisibile che diventava il nuovo obiettivo della musica.

L’oscillazione tra questi due opposti ha talvolta dato origine a forti attriti, ha portato negli anni Venti del Novecento ad una netta opposizione dei Neoclassici, che rifiutavano le tecniche seriali e le sperimentazioni atonali e dodecafoniche. Anche oltre quell’intenso decennio, il Neoclassicismo ha segnato un sentiero ben definito, percorso anche oggi da moltissimi compositori, pur con tecniche compositive, mezzi espressivi e linguaggi musicali talvolta lontani dal Neoclassicismo propriamente detto.

Il Neoclassicismo dunque mette al centro la riproposizione, in chiave aggiornata, di forme o sensibilità classiche.

Al centro di quest’estetica stanno alcuni punti importanti (passo tratto da Wikipedia italiana): “il recupero della tradizione e del rapporto col pubblico; il superamento delle ingerenze extra-musicali per un ritorno a una forma più pura, autonoma, in cui la musica abbandoni le sue velleità filosofiche o morali per tornare alla sua dimensione autosufficiente e indipendente rispetto ad altre arti o conoscenze, a farsi "gioco", "intuizione", "stile" o Art pour l'Art; un'esigenza di razionalità, oggettività, rigore espressivo, equilibrio della forma, tutte cose che la musica romantica aveva superato nella sua poetica fortemente soggettivizzante, nonché aperta a contaminazioni provenienti da altri campi artistici come la letteratura o la pittura”.

Come detto, il Neoclassicismo raggiunge piena affermazione negli anni Venti del Novecento, ma ha illustri precursori ottocenteschi, e seguaci contemporanei.

Con questo concerto “Classico e Neoclassico” intendiamo proporre i modelli originari cui il neoclassicismo si riferisce, la sensibilità cui vuol ritornare, ovvero il Rinascimento, periodo d’oro della musica vocale, con madrigali, laude, canzonette. La seconda parte del concerto sarà dedicata a composizioni nate e concepite con le intenzioni e nel periodo Neocalssico; esploreremo infine brani contemporanei che si rifanno all’estetica neoclassica.

Abbiamo scelto di condurre questo percorso musicale con due criteri principali: l’Italiano, come lingua e come riferimento culturale dei compositori, e l’attenzione a temi poetico-esistenziali o spirituali.

Italiano: per accrescere la profondità cui può giungere il messaggio musicale, per moltiplicare il coinvolgimento dello spettatore. Basti pensare al mondo protestante in cui la musica d’arte, anche in campo sacro, ha dato esiti altissimi ed ha ottenuto grande impatto e profonda comunicativa, grazie anche all’utilizzo della “lingua madre”, senza il filtro della lingua straniera, qual è il Latino; filtro linguistico che invece avvolge tradizionalmente il mondo cattolico. Si è resa necessaria qualche ricerca per individuare infine brani sacri rinascimentali in Italiano; si tratta per lo più di laude provenienti dall’Oratorio di San Filippo Neri. I compositori sono tutti italiani o hanno avuto interessi, incarichi, formazione culturale del tutto italiani.

Le tematiche scelte sono quelle in cui il Classico ed il Neoclassico posso esprimere più diffusamente le loro caratteristiche e sono anche le tematiche più vicine alle nostre sensibilità.

Abbiamo infine scelto una varietà di forme. Accosteremo ad alcuni madrigali, brani dalle forme considerate più “alte”, brani di estrazione più “borghese” come le laude o le canzonette, insieme con altri di ispirazione popolare, per avere una panoramica ad ampio spettro delle potenzialità delle forme “classiche”.


Classico e Neoclassico. Con questo concerto intendiamo proporre i modelli originari cui il Neoclassicismo si riferisce, la sensibilità cui vuol ritornare, ovvero il Rinascimento, periodo d’oro della musica vocale, con madrigali, laude, canzonette. La seconda parte del concerto sarà dedicata a composizioni nate e concepite con le intenzioni e nel periodo Neocalssico; esploreremo infine brani contemporanei che si rifanno all’estetica neoclassica.
Abbiamo scelto di condurre questo percorso musicale con due criteri principali: l’Italiano, come lingua e come riferimento culturale dei compositori, e l’attenzione a temi poetico-esistenziali o spirituali.
Italiano: per accrescere la profondità cui può giungere il messaggio musicale, per moltiplicare il coinvolgimento dello spettatore. Basti pensare al mondo protestante in cui la musica d’arte, anche in campo sacro, ha dato esiti altissimi ed ha ottenuto grande impatto e profonda comunicativa, grazie anche all’utilizzo della “lingua madre”, senza il filtro della lingua straniera, qual è il Latino; filtro linguistico che invece avvolge tradizionalmente il mondo cattolico. Si è resa necessaria qualche ricerca per individuare infine brani sacri rinascimentali in Italiano; si tratta per lo più di laude provenienti dall’Oratorio di San Filippo Neri. I compositori sono tutti italiani o hanno avuto interessi, incarichi, formazione culturale del tutto italiani.
Le tematiche scelte sono quelle in cui il Classico ed il Neoclassico posso esprimere più diffusamente le loro caratteristiche e sono anche le tematiche più vicine alle nostre sensibilità.
Abbiamo infine scelto una varietà di forme. Accosteremo ad alcuni madrigali, brani dalle forme considerate più “alte”, brani di estrazione più “borghese” come le laude o le canzonette, insieme con altri di ispirazione popolare, per avere una panoramica ad ampio spettro delle potenzialità delle forme “classiche”.


Stefano Pellegrino, al violoncello, conduce analogo percorso dal Classico al Neoclassico «avanzato».
La suite nel periodo barocco indica una forma di composizione intesa per l’ascolto (diremmo oggi, da concerto); costituisce un insieme di danze, unificate solitamente dalla medesima tonalità ed introdotte da un preludio. Bach ne compose sei; non ce n’è pervenuto il manoscritto, ma generalmente si ritiene che fossero intese per l’esecuzione con il violoncello (eccetto la sesta suite, scritta per uno strumento a cinque corde, probabilmente il violoncello piccolo).
Le suite per violoncello di J. S. Bach costituiscono una vera e propria sfida per ogni virtuoso del violoncello, irte come sono di responsabilità, scelte interpretative, difficoltà tecniche. La Suite n.5 presenta la particolarità (un unicum in Bach) di essere scritta in scordatura, ovvero con la corda più acuta dello strumento abbassata di un tono rispetto all’accordatura usuale, per conferire un timbro più scuro alla composizione.
Sulle stesse premesse bachiane di cantabilità e chiarezza della resa architettonica, si sviluppa la Sonata di Hindemith, compositore che, rifiutando l’enfasi sentimentale ottocentesca, si è di riflesso accostato, sia pure per via indiretta, alla razionalità della costruzione armonica e architettonica della musica barocca. Certo, la teatralità grottesca di Hindemith è figlia di una pratica dello straniamento tutta novecentesca. La Sonata è indicata n°3 perché l’Op.25 è un ciclo di tre pezzi tematicamente connessi: il n°1 è Sonata per Viola, il n°2 è Sonata per Viola d’Amore e Piano ed il n° 3 è la presente Sonata per Violoncello Solo.

 

 


 

Fu da giovanissimo, durante gli anni del Conservatorio, che Pietro Clausetti si dedicò al repertorio vocale scrivendo alcuni lavori a cinque voci. L’ombra dei boschi d’Aser e Saltavan ninfe sono entrambi ambientati tra i boschi; nel primo caso l’ombra verdeggiante è il luogo profumato in cui un innamorato attende la sua bella; mentre Saltavan ninfe ci riporta all’atmosfera leggera e fantastica di un mondo animato da creature silvane, con tanto di temi saltellanti e fiabeschi.
L’ambientazione è nel territorio della tribù di Aser (uno dei dodici figli di Giacobbe) indicata nella Bibbia come una delle più fertili e benedette; nel testo, di tradizione popolare, probabilmente già diffuso nel Rinascimento, l’incontro dei due amati è metafora della benedizione divina, suggellata dal profumo dell’incenso, simbolo sacerdotale del sacro. L’incontro degli amati come benedizione divina è una costante della tradizione ebraica e cristiana, tanto che l’Antico testamento contiene un intero libro su questo tema: il Cantico dei Cantici.
Due esperimenti giovanili di Clausetti in cui emergono già evidenti i tratti stilistici di un compositore destinato a lavorare con le immagini: paesaggi viventi, dominati da un contrappunto semplice ed evocativo.

Il giovane Bruno Bettinelli compose “Tre Espressioni Madrigalistiche” per coro misto a cappella nel 1939, basandosi su liriche antiche. Gli autori risultano così indicati: Matteo Maria Boiardo (Già mi trovai di maggio, XV secolo), Leonardo Giustinian (O Jesu dolce, XIV secolo) e L. Guidiccioni (Il bianco e dolce cigno, XVI secolo). L’attribuzione di quest’ultimo testo è dubbia ma pare più probabile sia stato composto da Giovanni Guidiccioni (1500-1541); questi versi furono infatti resi celebri da Jaques Arcadelt già nel 1539 con il suo «Primo libro dei madrigali», quando Laura Guidiccioni (1550-1597) pare non fosse ancora nata. Ognuna delle tre composizioni riprende antiche forme poetico-musicali rispettivamente, la Canzonetta, la Lauda, il Madrigale. In queste composizioni il giovane Bettinelli si inserisce pienamente nella tendenza musicale, italiana ed europea, che vede in quegli anni la riscoperta delle antiche forme della musica vocale a cappella. In queste tre brevi composizioni, Bettinelli, in uno stile che potremmo definire neomodale, alterna diatonismo e cromatismo, come colori armonici usati in senso espressivo, e ricorre frequentemente al madrigalismo, senza mai dimenticarsi della tecnica e del rigore stilistico-formale, come egli stesso afferma in una tarda intervista: «un continuo variare degli elementi proposti all’inizio e, successivamente, scomposti, rielaborati per germinazione spontanea, rovesciati, riesposti nelle figurazioni cellulari più svariate, derivate dalla speculazione contrappuntistica dei fiamminghi».

Sergio Sentinelli, formatosi a Roma come compositore a direttore i coro, è l’autore di Riuscirà la nostra voce, una sorta di moderno mottetto omoritmico, su una lirica di grande intensità, tratta dalla raccolta “Bambole mute” (1999) di Antonella Mei. Nella parte originale è assente qualunque indicazione dinamica o agogica, il tempo musicale fluisce come in una declamazione; del tutto assente l’imitazione tra le parti e “piana” la melodia, ad eccezione di un breve slancio del soprano primo. Nondimeno l’intensità del brano emerge immediata, espressa con altri mezzi. Sentinelli dipinge le frasi e le parole del testo con cangianti velature armoniche, ora con scurimenti al grave, ora con addensamenti interni, ora, in una sola occasione, con un lucente slancio del soprano all’acuto (finché le notti d’estate continueranno a udire il canto). Il finale è un atipico «da capo», essenzialmente una ripresa delle armonie e della scansione ritmica iniziali, che sigilla il brano in una sensazione di circolarità, quasi a voler collocare il testo, ansimante ed inquieto nel suo lacerante interrogativo, in una dimensione onirica, ove ogni realizzazione appaia possibile, piuttosto che in una dimensione storica inevitabilmente condannata al realismo.
L’Ensemble del Giglio ha eseguito questo brano in Prima assoluta nel gennaio 2012; lo stesso brano è stato selezionato da Gary Graden per il festival internazionale «Europa Cantat», quest’anno tenuto a Torino, quale rappresentante del fiorire in Italia di un «Rinascimento della composizione corale, con echi ed esecuzioni in tutto il mondo».

Livio Cavallo

 

 


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