Il legame di “Drere II” con l’Antico è esplicito e consapevole nella composizione di A. Baudino, giovane violinista, compositore e didatta cuneese:
(...) L’idea di traccia va qui intesa metaforicamente come idea di partenza per un percorso poetico e matematico al tempo stesso, comunicativo ed ermetico, onirico e ponderato. (...)
Ogni brano è articolato su una vera e propria serie numerica di suoni di ogni tipo di derivazione (dal canto popolare al canto sacro e liturgico del ’500). (...)
Nello specifico di DRERE II per clarinetto solo, il materiale elaborato proviene dal repertorio di Carlo Gesualdo da Venosa. Il brano è suddiviso in 3 parti: “Chanto”, un canto alpino-provenzale con sprazzi di madrigale lontano a più voci; “Nel mezzo”, una breve fantasia con funzione di intermezzo; “RaG-suald”, un rag-time che rivisita armonie di Gesualdo. (...)».
In ultimo: l’equilibrio.
La capacità innovativa di De Victoria gli ha permesso di raggiungere, specialmente in questi responsori, un mirabile equilibrio tra “verticalità” armonica e contrappunto orizzontale melodico.
“Drere II” di A. Baudino, pur utilizzando simili strumenti tecnico-compositivi di contrappunto e analoghi fondamenti armonici e formali, in un gioco di rimandi ed equilibri, spinge “oltre” il limite di tali equilibri e raggiunge esiti ben più “estremi” o, per così dire, “squilibrati”.
Questo dialogo sonoro sull’equilibrio, intorno al suo punto di rottura, è qui funzionale ad amplificare ed esprimere i temi del dolore, dello strazio, della tragedia, verbalizzati negli antichi testi dei “Responsori delle Tenebre” grazie al mirabile intreccio polifonico-armonico dell’ineguagliato compositore iberico.
Attorno a questo percorso musicale stanno due brani emblematici da un lato del genio del maestro spagnolo e dall’altro dei migliori esiti della polifonia vocale barocca: un salmo in doppio coro di T.L. de Victoria ed il Crucifixus a 8 voci di A. Lotti. Il celebre Crucifixus di Lotti, tratto dal Credo in Fa, fu probabilmente composto nel periodo veneziano, prima del 1717; è qui apertura drammatica e solenne al percorso penitenziale tratteggiato dai responsori. Il salmo Ecce nunc benedicite Dominum, esemplificativo delle spesso sottovalutate innovazioni che De Victoria portò anche con l’uso del doppio coro, è posto qui in conclusione, come sigillo benedicente.
Scelte esecutive
Nell’accostarsi a musica così distante nel tempo, il gruppo semi-professionale Ensemble del Giglio, memore della lezione filologica, cerca di rendere lo spirito e le intenzioni del compositore.
A questo tende la scelta di affidare la parte dell’Altus a voci miste, per fondere la brillantezza delle voci maschili e la morbidezza del timbro femminile in quel registro, in un impasto armonico.
Pur conoscendo le ragioni contra, abbiamo scelto di trasporre i responsori “Tenebræ factæ sunt” e “Æstimatus sum” all’ottava grave, per voci maschili, valutando in questo caso più cogenti le ragioni pro, che conferiscono varietà e consentono di amplificare con la scelta timbrica la gravità del testo.