Domenica 11 marzo 2018
ore 17:00
Chieri (TO), Santuario SS Annunziata
via Principe Amedeo
gruppo vocale "Ensemble del Giglio"
Coro "Sicut Lilium"
Bartolomeo Gallizio, organo
Stefano Pellegrino, violoncello
Luca Cerelli, sax
Livio Cavallo, direzione
saremo ospiti dell' Accademia dei Solinghi di Rita Peiretti per
Chieri Musica 2018 - Musica e Spiritualità
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Programma:
O. Gjeilo, Ubi caritas
A. Lotti, Crucifixus a 8 voci
J. Tavener, Funeral Ikos
A. Pärt, The Deer’s cry
J. Brahms, Geistliches Lied, Op. 30
J. Whitbourn, Requiem canticorum
G. Fauré, Cantique de Jean Racine
J. Rutter, Out of the deep
F. Mendelssohn, Verleih uns Frieden
Il Cantico dei Cantici, pervaso di saggezza e di bellezza che potremmo dire “orientali”, colmo com’è di rimandi alle liriche d’amore egizie e ai poemi mesopotamici, ci ricorda che “forte come la morte è l’amore” (Cantico dei Cantici 8,6); nulla più, nulla meno.
In questo equilibrio, che rimanda all’infinito del tempo, sta la chiave del ricordo: l’amore per i nostri cari ci permette di affacciarci oltre l’insuperabile soglia della morte, quasi ad incrociare ancora il loro sguardo, per alimentarne la memoria.
Questo concerto porta testi molto intensi, bellissimi eppure terribili per il dolore che descrivono; si resta quasi abbagliati dalla forza di questi canti che cantano della vita e della morte.
Il concerto è nato lo scorso anno dal desiderio di ricordare mio fratello Dario nell’anniversario della morte, che lo ha colto improvvisamente in una nera sera di temporale; è stato proposto in alcune serate ed ora viene ripreso estendendo il pensiero ai giovani prematuramente ed improvvisamente strappati alla vita, nel tempo penitenziale della Quaresima.
Con questo concerto ho cercato spunti di riflessione sull’eredità affettiva che ci viene lasciata dai nostri cari; nascosti sognatori, laboriosi artigiani, operosi lavoratori o artisti che fossero, degli uni possiamo più facilmente immaginare il mondo interiore, il loro immaginario, perché ne vediamo le opere, le rappresentazioni; degli altri riusciamo talvolta ad intravvedere alcuni scorci, per altre vie.
Cosa resta di loro, del loro “sacro ardore”? Cosa lascia una dipartita così prematura? Forse gli affetti personali? O piuttosto il mondo interiore? Le realizzazioni o quanto ancora irrealizzato? A quali aspetti è giusto che rendiamo memoria? Qual è la loro eredità?
I desideri. Sento che restano i desideri, i progetti comuni, ma anche ciò che noi stessi speravamo per loro e quel che noi sappiamo essere state le loro aspettative, le loro speranze future, la loro idea di bello e di giusto, la loro poetica.
Restano forse le nostre domande e resta in noi il bisogno di quei riferimenti acquisiti, parte della nostra vita, per la nostra profonda identità, che ora sembrano svanire.
Restano infine i fatti, gli oggetti, le attività insieme.
Non svanisce dunque questo denso nodo in cui si incrociano tante vie; vie diverse, alcune reali altre forse immaginarie, concreti scambi e fittizie illusioni; vite di persone che hanno avuto contatti fugaci, relazioni stabili, profondi legami.
Questo denso nodo non è troncato dalla morte improvvisa.
Questo denso nodo è stato creato dalle ragioni che il cuore ha costruito in vita con altri ed i suoi intrecci rimarranno. A brindelli, irriconoscibili, forse illusori, come petali sparsi, come profumo di rose: nulla ed allo stesso tempo assolutamente presenti.
Restano tanti interrogativi che possono assumere la levità della poesia, divenire il conforto della preghiera, come nel sorprendente testo di Funeral Ikos, tratto dalla liturgia Ortodossa: “[i defunti] Si ricordano della propria gente, come noi facciamo di loro? O hanno dimenticato tutti quelli che li piangono e che cantano: Alleluia” (“Do they call to mind their own people, as we do them? Or have they forgotten all those who mourn them and make the song: Alleluia”). Interrogativi cui la grazia della Fede Cristiana risponde con consolazione e dona speranza, come nell’incipit di Geistliches Lied, su testo di Paul Fleming, figlio di una pastore Protestante: “Non lasciarti turbare dagli affanni, rimani tranquillo, come Iddio dispone, così sii soddisfatta, o mia volontà!” (“Laß dich nur nichts nicht dauren mit Trauren, sei stille, wie Gott es fügt, so sei vergnügt mein Wille!”) e più oltre “ciò che Iddio ha deciso, quello è e sarà il meglio” (“was Gott beschleußt, das ist und heißt das Beste”).
Riflessioni qui abbozzate, un po’ naïve, che preferiamo offrire e sviluppare più compiutamente in musica, linguaggio che può superare la necessità di una storia, della ragione, di senso; linguaggio che va dritto al cuore.