Le ragioni del cuore - Associazione Sicut Lilium

domenica 12 marzo 2017, ore 16:00
Cuneo, Chiesa del Sacro Cuore
via Mons. D. Peano, 3

 

gruppo vocale "Ensemble del Giglio"
Coro Sicut Lilium
Stefano Pellegrino, violoncello
Luca Cerelli, sax
Bartolomeo Gallizio, organo
Livio Cavallo, direttore

Ingresso libero

 

Un cammino tra l’abbagliante dolore e la bellezza terribile, “perché forte come la morte è l’amore”. In questo equilibrio, che rimanda all’infinito del tempo, sta la chiave del ricordo: l’amore per i nostri cari ci permette di affacciarci oltre l’insuperabile soglia della morte, quasi ad incrociare ancora il loro sguardo, per alimentarne la memoria. Riflessioni espresse in musica, linguaggio che può superare la necessità di una storia, della ragione, di senso; linguaggio che va dritto al cuore.
Brani di musica Antica, Romantica, Contemporanea


 

Programma:

Ola Gjeilo (1978)
Ubi caritas (2001)

Antonio Lotti (1667-1740)
Crucifixus

John Tavener (1944-2013)
Funeral Ikos (1981)

Arvo Pärt (*1935)
The Deer’s cry (2007)

Johannes Brahms (1833-1897)
Geistliches Lied, Op. 30 (1856)

James Whitbourn (1963)
Requiem canticorum (2010)

Gabriel Fauré (1845-1924)
Cantique de Jean Racine (1864)

John Rutter (1945)
Out of the deep (1985)

Felix Mendelssohn (1809-1847)
Verleih uns Frieden (1831)

 


Il Cantico dei Cantici, pervaso di saggezza e di bellezza che potremmo dire “orientali”, colmo com’è di rimandi alle liriche d’amore egizie e ai poemi mesopotamici, ci ricorda che “forte come la morte è l’amore”; nulla più, nulla meno.
In questo equilibrio, che rimanda all’infinito del tempo, sta la chiave del ricordo: l’amore per i nostri cari ci permette di affacciarci oltre l’insuperabile soglia della morte, quasi ad incrociare ancora il loro sguardo, per alimentarne la memoria.

Questo concerto porta testi molto intensi, bellissimi eppure terribili per il dolore che descrivono; si resta quasi abbagliati dalla forza di questi canti che cantano della vita e della morte.

Il concerto è nato lo scorso anno dal desiderio di ricordare mio fratello Dario nell’anniversario della morte, che lo ha colto improvvisamente in una nera sera di temporale; è stato proposto in alcune serate ed ora viene ripreso estendendo il pensiero ai giovani prematuramente ed improvvisamente strappati alla vita.

Con questo concerto ho cercato spunti di riflessione sull’eredità affettiva che ci viene lasciata dai nostri cari; nascosti sognatori, laboriosi artigiani, operosi lavoratori o artisti che fossero, degli uni possiamo più facilmente immaginare il mondo interiore, il loro immaginario, perché ne vediamo le opere, le rappresentazioni; degli altri riusciamo talvolta ad intravvedere alcuni scorci, per altre vie.

joomplu:52Cosa resta di loro, del loro “sacro ardore”? Cosa lascia una dipartita così prematura? Forse gli affetti personali? O piuttosto il mondo interiore? Le realizzazioni o quanto ancora irrealizzato? A quali aspetti è giusto che rendiamo memoria? Qual è la loro eredità?

I desideri. Sento che restano i desideri, i progetti comuni, ma anche ciò che noi stessi speravamo per loro e quel che noi sappiamo essere state le loro aspettative, le loro speranze future, la loro idea di bello e di giusto, la loro poetica.

Restano forse le nostre domande e resta in noi il bisogno di quei riferimenti acquisiti, parte della nostra vita, per la nostra profonda identità, che ora sembrano svanire.

Restano infine i fatti, gli oggetti, le attività insieme.

 

Non svanisce dunque questo denso nodo in cui si incrociano tante vie; vie diverse, alcune reali altre forse  immaginarie, concreti scambi e fittizie illusioni; vite di persone che hanno avuto contatti fugaci, relazioni stabili, profondi legami.

Questo denso nodo non è troncato dalla morte improvvisa.

Questo denso nodo è stato creato dalle ragioni che il cuore ha costruito in vita con altri ed i suoi intrecci rimarranno. A brindelli, irriconoscibili, forse illusori, come petali sparsi, come profumo di rose: nulla ed allo stesso tempo assolutamente presenti.

Restano tanti interrogativi che possono assumere la levità della poesia, divenire il conforto della preghiera, come nel sorprendente testo di Funeral Ikos, tratto dalla liturgia Ortodossa: “[i defunti] Si ricordano della propria gente, come noi facciamo di loro? O hanno dimenticato tutti quelli che li piangono e che cantano: Alleluia” (“Do they call to mind their own people, as we do them? Or have they forgotten all those who mourn them and make the song: Alleluia”). Interrogativi cui la grazia della Fede Cristiana risponde con consolazione e dona speranza, come nell'incipit di Geistliches Lied, su testo di Paul Fleming, figlio di una pastore Protestante: “Non lasciarti turbare dagli affanni, rimani tranquillo, come Iddio dispone, così sii soddisfatta, o mia volontà!” (“Laß dich nur nichts nicht dauren mit Trauren, sei stille, wie Gott es fügt, so sei vergnügt mein Wille!”) e più oltre “ciò che Iddio ha deciso, quello è e sarà il meglio” (“was Gott beschleußt, das ist und heißt das Beste”).

 

Riflessioni qui abbozzate, un po’ naïve, che preferiamo offrire e sviluppare più compiutamente in musica, linguaggio che può superare la necessità di una storia, della ragione, di senso; linguaggio che va dritto al cuore.


 

joomplu:51Proponiamo un programma di brani intimi e affettuosi, romantici e contemporanei, ora strazianti ora ricchi di speranza, alcuni “severi” altri coinvolgenti. Dal lavoro di ricerca e selezione dei brani per questo concerto è emerso in particolare il toccante “Requiem canticorum” di J. Whitbourn, per coro, organo e sax soprano, strumento al quale Dario si era dedicato con passione in gioventù; è stato quindi naturale scegliere alcuni brani originariamente scritti per coro e organo e trascriverli per coro, organo, violoncello e sax, senza snaturarne il carattere, ma piuttosto rifacendosi alla tradizione ottocentesca degli adattamenti cameristici, per la musica tra amici, momento di condivisione più che di spettacolo; dimensione non estranea a Brahms, Fauré e Mendelssohn.

Numerosi tratti accomunano, con percorsi diversi, i brani di questo programma.

O. Gjeilo, compositore norvegese che vive a New York e gli inglesi J. Tavener e J. Whitbourn, nei brani qui proposti, utilizzano un linguaggio essenziale, diremmo quasi minimale, estremamente asciutto, scevro da orpelli melodici, quasi privo di sviluppo formale; il materiale musicale utilizzato e le armonie rimandano a qualcosa di interiore ed iconico; ciò, insieme ai testi, tratti dalla liturgia cattolica, protestante e ortodossa, conferisce a questi brani contemporanei qualcosa di antico.

Al contrario, l’ “antico” ed italianissimo A. Lotti, in pieno periodo barocco, scrive il Crucifixus a 8 voci con un gusto per la dissonanza che, mutatis mutandis, lo accosta, per questo aspetto, a certa musica contemporanea.

Dalla “severità” di questi brani emerge una serenità di fondo, un’affettuosa umanità che abbiamo voluto affiancare a tre grandi compositori romantici: Brahms, Fauré e Mendelssohn. Tra questi abbiamo inserito il De Profundis (“Out of the deep”) di J. Rutter, tratto dal suo celebre Requiem, che, pur distante come linguaggio musicale, impiega diffusamente il chiaroscuro ed il cromatismo, quasi a voler scavare nell’animo, come i romantici, per esplorare il profondo dell’abisso e trovare salvezza nel trascendente.

Il concerto si conclude con il celebre “Verleih uns Frieden” (“Dona a noi la pace”) di Mendelssohn, originariamente scritto per coro ed orchestra; il testo è la versione di Martin Lutero del diffuso inno “Da pacem Domine” del VII secolo, basato su testi biblici.

Concedi a noi la pace, con clemenza
Signore Dio, nel nostro tempo.
Non c'è davvero nessun altro
che possa lottare per noi
che tu solo, Dio nostro


joomplu:59La Bisalta, 16 marzo 2017


Le belle fotografie che ci ha scattato Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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